giovedì 5 aprile 2012

La robotica educativa, una nuova risorsa per la scuola

Intervista a Alfonso Molina


di Francesco Vettori - Fonte: Indire.it

Sono appena usciti due manuali dedicati alla Robotica educativa, editi dalla Fondazione Mondo Digitale, scaricabili gratuitamente da qui: ne parliamo con il direttore scientifico prof. Alfonso Molina, supervisore di entrambe le opere e autore della loro premessa.

I due volumi “Primi percorsi e giochi interattivi” e “Competizioni: un percorso formativo con Micromondi Ex Robotica e Lego NXT” sono dedicati a classi di studenti di età diversa. Che cosa si intende per robotica educativa e quali sono le sue applicazioni più significative?
La robotica educativa è lo sviluppo e l’uso dei robot a fini didattici, per l’insegnamento e per l’apprendimento. I robot sono macchine programmabili a cui si possono dare istruzioni che determinano il loro comportamento.
I robot facilitano la didattica costruzionista che stimola ad inventare, programmare e costruire apparecchi meccatronici (integrazione dell’elettronica con la meccanica) in processi ad alto potenziale multi-disciplinare.
La robotica educativa può essere utilizzata sia per l’apprendimento scientifico e tecnologico, parliamo di materie come matematica, fisica, biologia, ingegneria, computing che per discipline come l’arte, la musica e materie umanistiche come la filosofia (in particolare l’etica).
La robotica educativa inoltre permette agli studenti di sviluppare le competenze per la vita (creatività, problem-solving, lavoro di squadra ecc.) che giocano un ruolo di forte rilevanza per l’educazione del 21° secolo.

Per riprendere il titolo di un saggio di qualche anno fa che tratteggiava la situazione generale delle ICT, siamo ancora fermi a una rivoluzione incompiuta anche nella robotica oppure il momento dell’appiattimento sullo strumento, date le sue difficoltà d’uso, è stato superato?
Credo che sia in via di superamento. La robotica educativa si va sempre più diffondendo nelle scuole anche se ci sono ancora importanti ostacoli da superare, innanzitutto dal punto di vista del curriculum scolastico.
Tra le tendenze positive ci sono:
(a) l’arrivo di tecnologie a basso costo insieme alla crescita di modelli di software e hardware aperti
(b) lo sviluppo di materiali didattici sistematici (manuali, video, ecc.) sull’uso della robotica attraverso il ciclo scolastico, dalla scuola primaria alla secondaria superiore
(c) la crescente presenza in Internet di materiali e corsi “open content” forniti da università e altre organizzazioni di differenti parti del mondo
(d) l’inizio dell’inserimento della robotica nella offerta curriculare della scuola, innanzitutto in paesi come l’Olanda. In Italia, questa tendenza inizia a diffondersi negli istituti tecnici
(e) la diffusione di ambienti virtuali dedicati alla robotica educativa senza limiti di spazio e di tempo

Si fa un gran discutere di nativi digitali e delle resistenze, specie dei docenti, a riconoscere il valore delle nuove tecnologie: dal Vostro osservatorio che cosa vedete?
Tutti i processi di innovazione coinvolgono persone con diversi ruoli. I nativi digitali sono sicuramente avvantaggiati per il fatto che sono cresciuti circondati da tecnologia digitale che permette loro di comunicare senza frontiere e imparare accedendo a fonti e metodi che gli insegnanti più maturi non hanno mai conosciuto.
Ci sono poi dall’altra parte anche insegnanti e dirigenti scolastici innovatori che si sono “convertiti” alla tecnologia: la utilizzano e cercano di diffonderla all’interno della scuola. Molti di quelli che collaborano con noi lo fanno da tempo.
Per adesso questi “innovatori didattici” sono una minoranza perché ancora il sistema scolastico italiano non offre lo stimolo e il supporto necessario per far diventare l’innovazione nella didattica una meta da seguire con forza ed entusiasmo.
Il sistema scolastico non mostra una pratica d’implementazione tecnologica sistemica che aiuti a superare l'incertezze e le insicurezze normalmente associate con i cambi tecnologici. Le resistenze dei docenti “non-innovativi” non si devono vedere come irrazionali ma si devono capire per disegnare e implementare processi di innovazione più razionali.

Alle nuove tecnologie e forme del comunicare viene sempre più spesso aggiunto il termine “strategia”:  può spiegare le ragioni di questa associazione?
Si usa il termine “strategia” perché l’adozione di nuove tecnologie e forme di comunicazione comporta processi sociotecnici complessi all’interno della società, ovvero processi che integrano aspetti tecnici e sociali in una sola realtà di cambiamento.
Questo processo è l’innovazione che è stata definita come invenzione + implementazione.
Se partiamo da questo presupposto, possiamo dire che c’è un chiaro bisogno di “strategie” con obiettivi, piani di azione, monitoraggio, controllo e valutazione per incrementare il più possibile le chance di successo. Questo è particolarmente importante nei casi di processi complessi su grande scala come quello della trasformazione verso l’educazione del 21° secolo.  Senza una strategia lungimirante, lo spreco di energie e risorse è inevitabile.
Inoltre si parla anche di tecnologie strategiche, quelle di cui non si può fare a meno (come Internet) che richiedono lo stesso bisogno di strategie per stimolare e guidare una diffusione efficace della tecnologia nella società.

Alfonso Molina è professore di Strategie delle Tecnologie presso l'Università di Edimburgo e direttore scientifico della Fondazione Mondo Digitale.

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