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mercoledì 23 maggio 2012

La rivoluzione digitale nelle scuole della capitale

Intervista a Sabrina Alfonsi, Responsabile Scuola PD di Roma

La nostra società è profondamente cambiata negli ultimi 20 anni. La rivoluzione digitale ha modificato il modo di apprendere e di informarsi. La scuola, però, è la stessa di sempre. Perché? Quali sono le maggiori resistenze al cambiamento?

La scuola italiana è sempre stata anticipatrice e promotrice dei cambiamenti storico- culturali e sociali che l'Italia ha avuto fin dalla sua nascita.

Nel caso della rivoluzione digitale invece la scuola rincorre faticosamente una società in continua evoluzione e un diverso modo di apprendere, al di fuori della scuola, dei ragazzi di oggi.

Oltre a qualche resistenza da parte del corpo docente, timoroso di perdere il proprio ruolo di educatore, il sistema scolastico non ha saputo adattarsi alla rivoluzione digitale un po' per limiti strutturali, un po' per carenza di risorse e investimenti nelle nuove tecnologie nel settore della scuola.

Inoltre, bisogna tenere conto che i docenti essendo immigrati digitali, in quanto cresciuti in un mondo privo di tecnologie, hanno più difficoltà a percepire l'utilizzo delle nuove tecnologie come utile strumento per insegnare e far ragionare i ragazzi.

Peraltro i ragazzi di oggi, i nativi digitali, hanno sviluppato un diverso modo di apprendere e di vedere la realtà rispetto al metodo tradizionale su cui si basano i programmi scolastici. Questo crea un ostacolo allo sviluppo di un nuovo modo di apprendere degli alunni. Questo ostacolo si può superare solo con investimenti nelle nuove tecnologie (reti, internet, Lim) nelle scuole del paese. Nel breve periodo, visto la carenza di risorse e la situazione delle scuole è necessario utilizzare a pieno i fondi europei realizzando progetti pilota in alcune aree del Paese.

In che modo il Pd Roma si sta attivando per venire incontro alle nuove esigenze della didattica e dei cosiddetti nativi digitali?

Il pd di Roma sia a livello territoriale che a livello istituzionale favorisce e promuove progetti volti alla diffusione delle nuove tecnologie nelle scuole di Roma. In passato vi sono state collaborazioni con enti e Fondazioni del settore.

Con i tagli imposti dal Ministro Gelmini questi progetti sono diminuiti e le iniziative sorte per favorire l'avvento delle nuove tecnologie nella scuola si è fermato. Negli ultimi tempi vi sono tentativi di ripartenza anche grazie a un attenzione maggiore da parte del ministero e del Ue ai nativi digitali.

Come Responsabile Pd Scuola di Roma, in che modo e in che misura valuta le performance delle scuole romane nel loro rapporto con i nativi digitali?

Vi sono alcune punte di eccellenza. Peró non vi è mai stato un programma in grado di favorire la digitalizzazione delle scuole e non vi è mai stata una sperimentazione, su larga scala, di nuovi modi di apprendimento.

Per questo si può dire che la performance delle scuole romane nel rapporto con i nativi digitali è piuttosto basso. Per migliorare servirebbe un cambio di rotta: ovvero effettuare investimenti nel settore, ad oggi sono possibili solo sperimentazioni e progetti mirati.

E' necessario sviluppare una scuola più moderna, che pur mantenendo le sue caratteristiche di fondo si adatta alle nuove tecnologie e al modo di pensare e di apprendere fuori dagli edifici scolastici dei ragazzi di oggi, come obiettivo prioritario per la crescita e il futuro dell' Italia.

di Andrea Rollin e Ludovica Tartaglione

martedì 22 maggio 2012

L’integrazione della tecnologia nella didattica dell’italiano e della matematica


di Maurizio Gentile (Senior Partner SPF - Roma Prof. di Psicologia dell’Istruzione IUSVE - Venezia Direttore di RicercAzione - Trento)

Questo scritto è stato ultimato ascoltando le tragiche e inquietanti notizie dell’attentato di Brindisi. Questo scritto è dedicato alle giovani vittime di questa strage assurda, ai loro genitori, ai loro professori. La strage non è stata un attacco al cuore dello Stato. È stato un attacco al cuore del Popolo italiano e a uno dei beni comuni più importanti: la Scuola.    

Classe digitale
Dall’anno scolastico 2009-10 è in corso nel nostro Paese il progetto Scuola Digitale - Classi 2.0. La finalità è di favorire nelle scuole l’allestimento di “ambienti di apprendimento” innovativi orientati all’individualizzazione, personalizzazione degli apprendimenti, formali, non-formali mediati da contenuti didattici digitali e da metodologie didattiche. La Provincia Autonoma di Trento (da qui in poi PAT) ha avviato nell’anno scolastico 2010-11 una micro-sperimentazione del progetto Classi 2.0 nella scuola primaria.

La micro-sperimentazione ha una struttura di ricerca-intervento con una parte applicativa e una valutativa. La parte applicativa implica un lavoro nelle classi mediato da soluzioni di apprendimento. I docenti sono affiancati nella produzione di attività didattiche e seguiti in classe durante la loro applicazione. Il lavoro di osservazione è finalizzato al miglioramento continuo delle soluzioni. La parte valutativa riguarda l’analisi del processo applicativo e la valutazione degli effetti educativi intesi come risultati cognitivi e motivazionali.

Classi coinvolte e percorso
Il numero di classi coinvolte è pari a 8: 4 sperimentali e 4 di controllo, circa 170 alunni. Le classi sono state selezionate in base ad alcune caratteristiche preliminari: numero alunni, tipologia di alunni, pregressa esperienza nell’utilizzo delle tecnologie, interesse dei rispettivi dirigenti per la ricerca,  ecc. Gli alunni non sono stati assegnati casualmente né alla condizione sperimentale e né a quella di controllo.

Le classi sperimentali seguono il percorso sintetizzato nella Figura 1. Le classi di controllo il percorso presentato nella Figura 2. L’obiettivo è di confrontare le differenze tra classi sperimentali e di controllo nei risultati cognitivi e motivazionali. 



Figura 1
Percorso della classi sperimentali




Figura 2
Percorso della classi di controllo




L’attività di ricerca-intervento prevede tre annualità. L’anno scolastico 2010-11 è stato dedicato all’analisi dei risultati delle prove INVALSI somministrate in seconda elementare e alla produzione di attività di apprendimento.

L’anno 2011-12 è stato dedicato allo sviluppo e all’applicazione in classe delle attività. Una parte consistente del lavoro è stata finalizzata all’osservazione in classe delle attività. Lo scopo è stato quello di raccogliere elementi per poi discuterli con i docenti ai fini dell’introduzione di miglioramenti a carattere didattico (ad esempio: “puoi fare un modellamento dell’esercizio prima che l’alunno interagisca con la LIM”), organizzativo (“puoi fare un puntatore con la gomma piuma per gli alunni più bassi”) e tecnico (“puoi fare il downgrade da W7 a XP”).

Nel 2012-13 continuerà il lavoro di sviluppo delle attività didattiche, di applicazione nelle classi e di supporto ai docenti. Una parte consistente sarà dedicata alla valutazione dei risultati cognitivo- motivazionale (livello studenti) e didattici (livello docenti).

Un punto di partenza comune
I docenti di entrambi le condizioni di confronto (sperimentale e controllo) hanno condiviso un punto di partenza comune: l’analisi e la lettura dei risultati ottenuti dagli alunni alle prove INVALSI, al termine della seconda elementare. La lettura dei risultati ha implicato la consegna di report di sintesi, divisi per ambito disciplinare, con in evidenza le competenze da migliorare. Tali competenze sono quelle il cui livello di prestazione si posizionava tra L1 e L3.

Le classi sperimentali lavorano con attività, materiali e software pensati con lo scopo di migliorare le competenze il cui livello di prestazione è risultato insufficiente. I docenti delle classi di controllo, al contrario, hanno piena autonomia nel mettere in campo le attività che ritengono più opportune.

Partire dalla fine
La redazione delle attività didattiche è stata basata su uno schema di progettazione a ritroso secondo i passi di seguito elencati.

  1. Analisi dei risultati delle prove INVALSI ottenuti dalle classi sperimentali e di controllo in seconda elementare sia per italiano e sia per matematica.
  2. Messa a punto di documenti per la lettura e l’analisi dei risultati delle prove INVALSI  a cui sono seguiti incontri di presentazione e interpretazione guidata dei risultati.
  3. Sviluppo di “soluzioni di apprendimento” solo per le classi sperimentali finalizzate all’apprendimento di conoscenze/abilità rilevate dalle prove INVALSI come maggiormente carenti. 
  4. Monitoraggio e supporto durante l’applicazione delle soluzioni nelle classi. 

Le soluzioni di apprendimento
La tecnologia è uno strumento che se non utilizzato correttamente può ridurre le possibilità di apprendimento. Nel progetto è stato fissato uno scopo di lungo termine: orientare il lavoro dei docenti secondo il concetto di soluzione di apprendimento (da qui in poi SdA). Per SdA s’intende un’attività nella quale gli alunni richiamano conoscenze, interagiscono con un software (da qui in poi SW), svolgono compiti carta e penna (scrivono, leggono, calcolano), collaborano con i compagni, riflettono su come e quanto appreso. In questa impostazione la tecnologia è uno degli strumenti di mediazione dell’apprendimento, non l’unico.

La redazione delle soluzioni di apprendimento è stata basata sui cinque principi dell’approccio How People Learn (da qui in poi HPL) descritto ampiamente in tre pubblicazioni molto note tra gli specialisti che si occupano di ricerca educativa. L’HPL è alla base del progetto “Digital Learning Classroom” e fa riferimento ai seguenti principi:

·        Principio 1  Si impara  meglio quando la conoscenza si fonda e/o nasce da ciò che già si conosce.
·    Principio 2  Si impara meglio quando si collabora con altri nell’apprendere, si formulano domande, si riflette su ciò che è stato appreso e su come è stato appreso. 
·        Principio 3   Si impara meglio quando l’informazione e il contesto sono sensibili ai bisogni cognitivi e agli stili di apprendimento degli alunni.
·        Principio 4   Si impara meglio se ciò che si apprende è essenziale e va in profondità e se le singole conoscenze/abilità sono ben connesse ad un principio/concetto generale, se ciò che è stato studiato ha molteplici applicazioni.
·        Principio 5   Si impara meglio quando si ha la possibilità di ricevere feedback e/o di verificare il proprio apprendimento.

Nella Tabella 1 sono stati sintetizzati due soluzioni tipo. Nella prima dedicata alla rappresentazione dei dati mediante istogrammi è stato dato ampio spazio al rapporto alunno tecnologia digitale. La soluzione è stata basata sul programma Didapage.  Nella seconda attività - dedicata ad esercizi di logica deduttiva e induttiva - è stato dato ampio spazio alla collaborazione all’interno di piccoli gruppi formati da quattro alunni e ad un’attività di scambio continuo tra docenti e alunni. La soluzione è stata basata sul programma NoteBook.

Tabella 1
Esempi di soluzioni di apprendimento: passi dell’attività
Rappresentazione dei dati
Logicando
1.      Far vedere alla LIM (in sezione o aula informatica) come svolgere il compito (interazione con la TD e i compagni). Si apre il file “index.html”, si mostra come si passa da una pagina all’altra, si richiamano le conoscenze già in possesso dei ragazzi, si danno le definizioni di alcuni concetti nuovi che gli alunni incontreranno nello svolgimento del compito. (10’)
2.      In aula d’informatica predisporre un PC per ogni coppia di alunni con il file index.html e cartella libro già aperti.
3.      Creare le coppie: casualmente o per scelta del docente. (10’)
4.      Entrambi i componenti devono partecipare attivamente all’attività proposta tramite un confronto continuo. Gli alunni si alternano regolarmente nell’interazione con la TD nell’uso del mouse e della tastiera (cambio operatore ogni due pagine). Si affronta l’attività proposta nella prima parte. Se la coppia esaurisce il compito entro 1h può passare all’attività presentata nella seconda parte.
5.      Al segnale del docente la coppia passa a svolgere l’attività proposta nella terza parte in cui gli alunni sono invitati a individuare le caratteristiche dei vari modi di rappresentare i dati. Infine salvano il lavoro in un file pdf o NB. (20’)
6.      Al ritorno in classe si riaffronta insieme l’attività alla LIM condividendo le risposte e ragionando sulle difficoltà incontrate. 
1.      Formare casualmente gruppi da 4 e assegnare quattro ruoli: scrittore, annotatore, coordinatore, controllore del tempo.
2.      Saranno presentati 24 problemi e giochi di logica da risolvere
3.      Il problema sarà visualizzato alla LIM in modo tale che tutti possano leggerlo.
4.      Gli alunni avranno da 1  a 4 minuti per consultarvi all’interno del gruppo e trovare una soluzione
5.      Sarà poi casualmente estratto un numero. L’alunno con il numero corrispondente darà la sua risposta
6.      Dopo ogni risposta l’insegnante discuterà principio sottostante per risolvere il quesito, stimolando la comprensione/riflessione e verificando se tutti hanno capito o sollecitando ulteriori riflessioni.
7.      Dopo aver discusso il principio verrà attribuito il punteggio alla risposta: giusta vale 1 punti, giusta con spiegazione valida  vale 2 punti, risposta sbagliata vale 0 punti”.
8.      Si passa ad un secondo quesito e si ricomincia di nuovo.
9.      Spiegare ai gruppi i ruoli e indicare che dopo un certo numero di quesiti il docente chiederà di far ruotare i ruoli (il cambio di ruolo è dopo ogni 4 quesiti)
10.  Avviare il gioco.
Software utilizzato: Didapages
Software utilizzato: NoteBook 10.8



Per saperne di più

lunedì 21 maggio 2012

Rivoluzione digitale: come evolve il rapporto tra nativi digitali, genitori e insegnanti?

di Ludovica Tartaglione




Intervista ad Angela Nava, presidente nazionale del Coordinamento Genitori Democratici


Bambini nativi digitali e genitori immigrati digitali: in che modo cambia, cambierà o è già cambiato il modo di educare?

Quello che vediamo è la naturalità e la precocità dei nostri bambini nell’uso delle nuove tecnologie, il mutare dei modi di apprendimento che avvengono non più per assorbimento, ma per tentativi, per esperienza.

Quello che registriamo è il cambiamento progressivo di un lessico che afferisce alle relazioni e alle emozioni. Chiunque frequenti facebook o altri social network vede il nuovo significato che assumono termini a noi noti da sempre: la vita diviene rappresentazione di sé, un fatto diviene reale quando è certificato virtualmente, il diario un blog che è destinato ad uso pubblico, condividere non implica più alcuna empatia, l’amicizia si concede e non si costruisce: io sono il mio wall e costruisco in modo diverso la mia identità.

Il genitore oscilla spesso tra un narcisistico compiacimento per le attitudini tecnologiche (troppo spesso scambiate per competenze!) dei figli e la preoccupazione per la propria incapacità di esercitare il controllo sulle attività dei figli stessi. Il che si traduce spesso nell’oscillare tra un atteggiamento permissivo ( in fondo  l’uso del pc sottrae i figli dal pericolo della strada e frequentemente ha una comoda funzione di baby-sitting) ed uno punitivo. Entrambi perdenti.

L’educazione si colloca e riguarda ciò che accade TRA i media e i soggetti: è quella  zona intermedia fatta di investimenti e di negoziazioni a costituire lo spazio principale dell’intervento educativo da cui passa la costruzione del pensiero critico e dell’uso responsabile. Allora il problema è: in che misura riusciamo a costruire un vocabolario comune di simboli, immagini, passioni? Come riusciamo a “comunicare” (nel senso di mettere in comune) tra generazioni diverse linguaggi, regole, valori?

Non esiste alcuna biblioteca di Alessandria cui attingere norme, decaloghi di comportamento, modelli di formazione. Non perché essi manchino: nel nostro paese c’è anzi un proliferare di buone pratiche di formazione rivolte ai più giovani e non solo, di modelli imprenditoriali virtuosi, di organismi istituzionali di controllo. Manca però una strategia complessiva che sappia fare sistema per poter produrre dei cambiamenti significativi sui comportamenti e sulle modalità di utilizzo delle tecnologie da parte dei più giovani.

Siamo collocati in un contesto di “frontiera” e dobbiamo lavorare sul confine.
Lavorare sul confine significa operare attraverso modelli di progettualità condivisa con gli altri soggetti “confinanti”: costruire progetti comuni, più che proporre o  imporre il proprio progetto; attivare risorse condivise; lavorare in rete, nel senso di valorizzare le risorse che esistono sforzandosi di metterle “ a sistema”; integrare i linguaggi e le metodologie; condividere le responsabilità.
Non possiamo sottrarci alla responsabilità: individuale e collettiva.


Molti genitori sono preoccupati della sicurezza dei loro bambini su internet. Quali sono i pericoli? Cosa possono fare i genitori?

Esistono dei rischi concreti per i più giovani, come quello di isolarsi dal mondo reale e rinchiudersi in una sorta di “nicchia mediatica” o navigando imbattersi in contenuti falsi e mistificatori o essere influenzati da valori e modelli di comportamento inadeguati o dannosi, diventare vittime di cyber bullismo o essere adescati da adulti potenziali abusanti.

Anche in questi casi non dovrebbe prevalere l’ansia. La preoccupazione può e deve trasformarsi  in voglia di occuparsi del problema superando la scarsa conoscenza che a volte si ha  dei nuovi media. Dobbiamo aiutare i nostri ragazzi a non ricevere passivamente informazioni, ma a decodificare i messaggi che vengono proposti quotidianamente e metterli confronto con le proprie opinioni e i propri valori.

Anche l’utilizzo dei filtri (di cui per la verità pochi sono a conoscenza) non deve tradire un’eccessiva ansia di controllo. Ad essi non vanno delegate le funzioni e le responsabilità genitoriali.

E’ un passaggio epocale, ma  per i passaggi epocali non ci sono ricette, ma sfide di pensiero e paziente sperimentazione: l’approccio moralistico al problema spesso nasconde la nostra impotenza a governare non solo i fenomeni sociali, ma perfino, più semplicemente le nostre vite. 

Ritiene che una maggiore collaborazione tra genitori e insegnanti sia necessaria per accompagnare i bambini nel loro percorso di crescita all'interno del nuovo mondo digitale?

E’ fondamentale. Ma non basta invocarla come petizione di principio che ci mette a posto la coscienza.
E’ necessario che gli educatori (e intendo in questo caso genitori e docenti) abbiano chiara la consapevolezza che da soli non ce la si fa e non serve più la delega alla famiglia da parte della scuola o quella dei genitori ai docenti in un rimpallo di responsabilità improduttivo.

Bisogna che si mettano in campo progetti condivisi che abbiano nella scuola il cuore pulsante: perché la scuola rimane oggi l’unico luogo reale e non virtuale di incontro di generazioni diverse: un bene relazionale di inestimabile valore.

venerdì 18 maggio 2012

Rassegna stampa e web


L’eBook Cuore - radio24.ilsole24ore.com
"Riattiveremo il libro Cuore con il farmaco del “digitale”, lo sovrascriveremo, lo rianimeremo, lo riporteremo all’Italia di oggi, quella dei nativi digitali, con l’aiuto dei nostri ascoltatori."

E-book generation: piccoli editori digitali crescono - theartsofhunger.wordpress.com
"Alcuni piccoli editori hanno già scelto la strada dell’e-book come principale forma di pubblicazione."

Facebook e i nostri figli, guida per l'uso - affaritaliani.libero.it
"Nel nuovo libro di Paolo Padrini, ecco come comportarsi per tenere lontani i ragazzi dai rischi del social network"

Cara tecnologia, semplificami la vita… - tiragraffi.it
"Ciò che le e persone vogliono di più dai loro smartphone, tablet, home theater ed elettronica di consumo è la semplicità:"

giovedì 17 maggio 2012

Rassegna stampa e web

Comunicazione e tecnologie, l’impatto sulla didattica - educationduepuntozero.it
"La capacità di individuare e adattarsi ai cambiamenti di schema è una abilità indispensabile nell’apprendimento"

Ripartire da giovani e digitale - il Sole 24 Ore
Intervista a Massimo Costa, Country manager Wpp Italia

I tablet Acer arrivano sui banchi di scuola - datamanager.it
"La partnership ACER-EUN ha finalizzato un nuovo progetto per l’inserimento dei tablet nel contesto educativo"

La scuola e la rivoluzione digitale - partitodemocratico.it
Unitag. Webforum all'Unità: le nuove tecnologie cambiano l'insegnamento (ma non in Italia). Con Francesca Puglisi, Carlo Massarini, Roberto Genovesi. Conducono Luca Landò e Carlo Infante


mercoledì 16 maggio 2012

UNITAG - La scuola e la rivoluzione digitale

Webforum all'Unità: le nuove tecnologie cambiano l'insegnamento (ma non in Italia)


Condotto dal direttore di Unita.it Luca LandòCarlo Infante con Francesca Puglisi, Carlo Massarini e Roberto Genovesi

- Prima Parte -

- Seconda Parte -

Fonte: l'Unità

EduTouch: editoria, formazione e tecnologie per la didattica digitale

Edutouch è un società che nasce nel marzo 2012 dall’esperienza di due professionisti della formazione: un docente esperto nell'uso di tecnologie e software per la didattica e una redattrice con esperienza nel settore dell’editoria digitale scolastica.



Cosa fa Edutouch? Edutouch è una casa editrice che propone contenuti di didattica digitale, rivolti a formatori e docenti di ogni ordine e grado. Particolare attenzione è rivolta alle tecnologie e agli strumenti utili per la riduzione delle difficoltà di apprendimento.

Edutouch è anche però, una società di formazione che progetta per scuole, enti ed istituti, percorsi e attività che riguardano le tecnologie per l’apprendimento. Gli ambiti di formazione di Edutouch sono: l'utilizzo didattico della LIM, gli strumenti tecnologici e i software utili per DSA, i contenuti digitali per la scuola e quindi learning object, ebook, app.

La prima collana edita da Edutouch si chiama "Tecnologia-Didattica" e si compone di testi che hanno uno stile pratico e un’impostazione tipica di una guida, facile da consultare. I titoli presenti nel Catalogo (oggi) sono: “Usare più LIM conoscendone una sola”, “LIM Smart: guida didattica”, “Guida pratica all’ebook”, “DSA per tutti”. I contenuti sono disponibili sia in formato cartaceo, sia in formato digitale.

Il costo del digitale è ridotto rispetto al cartaceo (la metà circa) e non c’è DRM, ma protezione Social. Per settembre, saranno disponibili nel catalogo altri titoli: un libro che tratta di software e risorse digitali utili per studenti con discalculia, un testo che analizza le apps di Google utili in ambito didattico, un libro composto di lezioni di matematica per la LIM e un testo di apprendimento della lingua inglese sempre attraverso la lavagna interattiva.

Noi di Edutouch siamo convinti che il “problema della didattica ai tempi della rete” (se esiste) non è solo legato alla diffusione poco eterogenea di tecnologia e internet, ma è piuttosto dovuto alla scarsa attenzione riservata alla formazione dei docenti e dunque alla loro comprensibile difficoltà di utilizzare gli strumenti tecnologici, che determinano un cambiamento sostanziale nel processo di insegnamento-apprendimento.

La tecnologia e la rete, se ben usate, rappresentano per la scuola una grande opportunità e permettono al docente di migliorare la propria attività in classe, di renderla efficace, valida, vicina ai linguaggi e alle modalità di apprendimento dei ragazzi.

di Paola Ricci (Consulente di Redazione Edutouch)

martedì 15 maggio 2012

Scuola e tecnologie: cosa ne pensa un'insegnante 2.0?

Intervista ad Anna Rita Vizzari, professoressa di Lettere presso l'Istituto di Istruzione Secondaria di 1° Grado "A. Gramsci" di Sestu (Cagliari), coordinatrice e docente di una fortunata Cl@sse 2.0. 


In cosa consiste il progetto cl@ssi 2.0? 

Il Ministero ha stanziato, per qualche centinaio di classi campione dei tre ordini di scuola (individuate mediante concorso su base regionale), dei fondi che andavano utilizzati per l’acquisto di materiali che consentissero la sperimentazione di una didattica con un impiego significativo delle tecnologie. Le aree tematiche sulle quali si poteva sperimentare un percorso erano la naturalizzazione delle tecnologie, il cambiamento dell’ambiente di apprendimento, la promozione dello spirito di collaborazione e condivisione etc.

Un progetto interessante che però ha presentato diversi elementi problematici, dall’eterogeneità tecnologica (a livello di formazione, di competenze e di tempo dedicato) del consiglio di classe alla sostituzione in itinere di molti insegnanti per trasferimenti e pensionamenti, ai problemi tecnici, agli ostacoli burocratici per gli acquisti.

Un’altra cosa va detta, a  scanso di equivoci: non era prevista alcuna gratificazione economica dei docenti coinvolti, i quali hanno svolto nei tre anni un notevole lavoro aggiuntivo (in termini di aggiornamento, di preparazione dei materiali e di documentazione) per mera passione. Spero che in eventuali iniziative analoghe future si tenga conto di questo fattore, perché l’impegno  extra dell’insegnante per progetti enormi come questo - in cui si doveva produrre e documentare - non può essere considerato alla stregua di un hobby.Per dare un’idea del percorso svolto segnalo la slideshow realizzata per la documentazione finale.

Come è cambiato il suo modo di insegnare e il modo di apprendere dei ragazzi con l'introduzione delle nuove tecnologie in classe?

Insegno da 13 anni e generalmente ho avuto la grande fortuna di avere a disposizione le tecnologie del momento, se parliamo di hardware: dall’aula informatica al computer con video-proiettore in classe alla LIM ai netbook per alunno, quindi non ho avvertito sostanziali cambiamenti; è stata piuttosto un’evoluzione graduale.

Naturalmente man mano - senza scossoni -  sono cambiata a livello di metodologia didattica, allontanandomi sempre più da una didattica basata sul testo e avvicinandomi sempre più a una didattica a tutto tondo che affronti gli argomenti e le tematiche da diverse angolature, che tenga conto delle intelligenze multiple e che quindi valorizzi quanto più possibile le differenti abilità e capacità dei singoli alunni.

Con l’avvento del web 2.0 (avere la connessione è fondamentale) sono nati degli strumenti - a livello di software gratuitamente scaricabili ma anche e soprattutto a livello di webware - che davvero forniscono un apporto significativo e che consentono un approccio “multidimensionale”. 
Inoltre, ho praticamente smesso di fare lezione frontale: dopo una brevissima introduzione, invito gli alunni a fare ricerca e a realizzare loro i contenuti, a partire dalle mappe (mentali  e concettuali) che si sono rivelate davvero utili per il metodo di studio.

Vedo che i ragazzi hanno acquisito delle competenze che spendono in altri campi dell’esistenza (e questo me lo raccontano i genitori). Per esempio, se come compito realizzano degli artefatti sinestetici relativi a un componimento del Carducci (realizzare un video appropriato significa aver compreso il senso del testo), in famiglia poi spendono le competenze acquisite per realizzare dei video ad hoc per nascite, matrimoni e viaggi.

Qualcuno pensa che con questo tipo di didattica si usi l’informatica fine a se stessa, senza affrontare i contenuti. E questo non è vero: i contenuti classici vengono affrontati… semplicemente, da un’ottica diversa. La differenza la fanno l’approccio, il metodo e il “prodotto finale” - gli alunni amano produrre - che non è sempre il classico tema o il cartellone.

È stato interessante vedere come i ragazzi spontaneamente hanno attuato il peer tutoring: ciascuno di loro ha acquisito delle capacità e delle competenze - anche tecniche e comunicative - che poi ha messo a disposizione dei compagni e degli insegnanti. 

Uno dei problemi principali per un insegnante è quello di mantenere vivo l'interesse e l'attenzione della classe. Strumenti interattivi come la LIM aiutano in questo?

Credo che gli strumenti senza una metodologia innovativa non servano: se si attua una didattica frontale, non c’è LIM che tenga, anzi, la LIM stessa  rischia di agevolare una didattica frontale. Ho visto in qualche classe l’insegnante  aveva trascritto su decine di “lavagnate” del programma LIM alcune regole grammaticali e il relativo esempio.

E viceversa ho visto mappe mentali, schemi e tabelle fatte sulla lavagna d’ardesia. Quale dei due metodi è più efficace per gli alunni, soprattutto se pensiamo ai DSA? Se si attua una didattica non frontale, la si può mettere in pratica anche senza tecnologie.

In effetti, se penso al mio armadietto del periodo precedente l’avvento di LIM e del web 2.0, ricordo che avevo diversi strumenti di svariata natura (plastici, riproduzioni di reperti, cartine di diverso genere). Adesso li ho semplicemente smaterializzati;  ricorro sì alla LIM ma soprattutto ai webware, servizi on-line che permettono a me e ai ragazzi di realizzare contenuti didattici. Le tecnologie consentono di attuare una didattica più variegata, ma sta all’insegnante ingegnarsi per farlo: non può svolgere alla LIM ciò che svolgeva prima sulla lavagna d’ardesia, è risaputo. 

Da insegnante, cosa proporrebbe al Governo, attuale e futuro, per migliorare la scuola italiana? Quali sono le priorità? Quali, secondo lei, gli ostacoli più grandi al suo funzionamento ottimale?

Una domanda difficile a cui rischio di non rispondere in modo completo e pertinente adesso, a mente calda e nel periodo più frenetico dell’anno scolastico. 
Una delle priorità è certamente la sicurezza: ci sono scuole fatiscenti che hanno infrastrutture da brivido. Inoltre le classi sono sempre più numerose, stipate in aule non so fino a che punto adatte e affidate a sempre meno insegnanti; sempre meno ore di Sostegno vengono assegnate alle classi degli alunni con difficoltà. Tutti effetti dei famosi tagli: perché si taglia sempre sulla Scuola e sulla Sanità? Sono ritenuti dei rami così secchi?

Si auspica sempre più - giustamente - una didattica individualizzata ma allo stesso tempo il monte ore e le risorse (anche in termini di personale) sono sempre più ridotti al lumicino. Da insegnante di Lettere, posso dire che il passaggio dalle 11 alle 9 ore settimanali in classe è stato traumatico, perché quelle 2 ore in più permettevano recuperi, rinforzi e approfondimenti difficili da attuare regolarmente con questo orario così scarno per le diverse materie (Grammatica, Antologia, Epica o Letteratura, Storia e Geografia). Con la saturazione dell’orario degli insegnanti di Lettere, alcuni dei quali prima svolgevano 15 ore in classe e 3 a disposizione, non ci sono insegnanti che possano effettuare le sostituzioni degli assenti.

Ora, con gli accorpamenti delle scuole la situazione è pure peggiorata: scuole un tempo autonome ora non hanno più un dirigente né un direttore amministrativo proprio, sono come corpi abbandonati senza testa. Perché gli insegnanti, neppure i delegati di plesso, possono abbandonare la classe per andare a risolvere in tempo reale (e magari utile) quei problemi che in genere risolve il Dirigente con la sua assidua presenza. 
Passiamo poi alla valutazione degli insegnanti. Sono stanca di sentirne parlare da chi non sta in classe, perché esistono tante sfumature che non si possono far trapelare - per motivi di privacy, per esempio - e che non si possono valutare oggettivamente. Prendiamo le controverse prove Invalsi: sono davvero l’unico strumento con cui si devono e possono valutare i docenti? E poi, quali docenti? Soltanto gli insegnanti di Italiano e di Matematica?

Pensiamo anche al potere che potrebbe avere la commissione formazione classi, se si dovesse veramente retribuire il docente sulla base dei risultati dei test: uno dei criteri per la formazione delle classi è quello della valutazione conseguita dagli alunni nel precedente ordine di scuola. Da un lato si parla di  approccio multidimensionale che favorisca anche chi ha altre competenze e dall’altro i progressi degli alunni (e di conseguenza la “bravura” dei docenti) vengono misurati con le prove Invalsi che sicuramente non fanno leva sulle intelligenze multiple  bensì soltanto su quella linguistica e quella logico-matematica.

Suggerisco, per avere una visione complessiva delle problematiche che non ho affrontato, di dare un’occhiata ai tanti gruppi di insegnanti che esistono su Facebook, in cui docenti motivati di tutta Italia (e non solo, talvolta) condividono disinteressatamente le proprie risorse, si confrontano in merito alla didattica, alle questioni spinose nonché ai tanti problemi della scuola attuale. Insegnanti che si dedicano a questo lavoro in modo totalizzante e di cui è giusto sentire le voci.