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lunedì 21 maggio 2012

Rivoluzione digitale: come evolve il rapporto tra nativi digitali, genitori e insegnanti?

di Ludovica Tartaglione




Intervista ad Angela Nava, presidente nazionale del Coordinamento Genitori Democratici


Bambini nativi digitali e genitori immigrati digitali: in che modo cambia, cambierà o è già cambiato il modo di educare?

Quello che vediamo è la naturalità e la precocità dei nostri bambini nell’uso delle nuove tecnologie, il mutare dei modi di apprendimento che avvengono non più per assorbimento, ma per tentativi, per esperienza.

Quello che registriamo è il cambiamento progressivo di un lessico che afferisce alle relazioni e alle emozioni. Chiunque frequenti facebook o altri social network vede il nuovo significato che assumono termini a noi noti da sempre: la vita diviene rappresentazione di sé, un fatto diviene reale quando è certificato virtualmente, il diario un blog che è destinato ad uso pubblico, condividere non implica più alcuna empatia, l’amicizia si concede e non si costruisce: io sono il mio wall e costruisco in modo diverso la mia identità.

Il genitore oscilla spesso tra un narcisistico compiacimento per le attitudini tecnologiche (troppo spesso scambiate per competenze!) dei figli e la preoccupazione per la propria incapacità di esercitare il controllo sulle attività dei figli stessi. Il che si traduce spesso nell’oscillare tra un atteggiamento permissivo ( in fondo  l’uso del pc sottrae i figli dal pericolo della strada e frequentemente ha una comoda funzione di baby-sitting) ed uno punitivo. Entrambi perdenti.

L’educazione si colloca e riguarda ciò che accade TRA i media e i soggetti: è quella  zona intermedia fatta di investimenti e di negoziazioni a costituire lo spazio principale dell’intervento educativo da cui passa la costruzione del pensiero critico e dell’uso responsabile. Allora il problema è: in che misura riusciamo a costruire un vocabolario comune di simboli, immagini, passioni? Come riusciamo a “comunicare” (nel senso di mettere in comune) tra generazioni diverse linguaggi, regole, valori?

Non esiste alcuna biblioteca di Alessandria cui attingere norme, decaloghi di comportamento, modelli di formazione. Non perché essi manchino: nel nostro paese c’è anzi un proliferare di buone pratiche di formazione rivolte ai più giovani e non solo, di modelli imprenditoriali virtuosi, di organismi istituzionali di controllo. Manca però una strategia complessiva che sappia fare sistema per poter produrre dei cambiamenti significativi sui comportamenti e sulle modalità di utilizzo delle tecnologie da parte dei più giovani.

Siamo collocati in un contesto di “frontiera” e dobbiamo lavorare sul confine.
Lavorare sul confine significa operare attraverso modelli di progettualità condivisa con gli altri soggetti “confinanti”: costruire progetti comuni, più che proporre o  imporre il proprio progetto; attivare risorse condivise; lavorare in rete, nel senso di valorizzare le risorse che esistono sforzandosi di metterle “ a sistema”; integrare i linguaggi e le metodologie; condividere le responsabilità.
Non possiamo sottrarci alla responsabilità: individuale e collettiva.


Molti genitori sono preoccupati della sicurezza dei loro bambini su internet. Quali sono i pericoli? Cosa possono fare i genitori?

Esistono dei rischi concreti per i più giovani, come quello di isolarsi dal mondo reale e rinchiudersi in una sorta di “nicchia mediatica” o navigando imbattersi in contenuti falsi e mistificatori o essere influenzati da valori e modelli di comportamento inadeguati o dannosi, diventare vittime di cyber bullismo o essere adescati da adulti potenziali abusanti.

Anche in questi casi non dovrebbe prevalere l’ansia. La preoccupazione può e deve trasformarsi  in voglia di occuparsi del problema superando la scarsa conoscenza che a volte si ha  dei nuovi media. Dobbiamo aiutare i nostri ragazzi a non ricevere passivamente informazioni, ma a decodificare i messaggi che vengono proposti quotidianamente e metterli confronto con le proprie opinioni e i propri valori.

Anche l’utilizzo dei filtri (di cui per la verità pochi sono a conoscenza) non deve tradire un’eccessiva ansia di controllo. Ad essi non vanno delegate le funzioni e le responsabilità genitoriali.

E’ un passaggio epocale, ma  per i passaggi epocali non ci sono ricette, ma sfide di pensiero e paziente sperimentazione: l’approccio moralistico al problema spesso nasconde la nostra impotenza a governare non solo i fenomeni sociali, ma perfino, più semplicemente le nostre vite. 

Ritiene che una maggiore collaborazione tra genitori e insegnanti sia necessaria per accompagnare i bambini nel loro percorso di crescita all'interno del nuovo mondo digitale?

E’ fondamentale. Ma non basta invocarla come petizione di principio che ci mette a posto la coscienza.
E’ necessario che gli educatori (e intendo in questo caso genitori e docenti) abbiano chiara la consapevolezza che da soli non ce la si fa e non serve più la delega alla famiglia da parte della scuola o quella dei genitori ai docenti in un rimpallo di responsabilità improduttivo.

Bisogna che si mettano in campo progetti condivisi che abbiano nella scuola il cuore pulsante: perché la scuola rimane oggi l’unico luogo reale e non virtuale di incontro di generazioni diverse: un bene relazionale di inestimabile valore.

venerdì 18 maggio 2012

Rassegna stampa e web


L’eBook Cuore - radio24.ilsole24ore.com
"Riattiveremo il libro Cuore con il farmaco del “digitale”, lo sovrascriveremo, lo rianimeremo, lo riporteremo all’Italia di oggi, quella dei nativi digitali, con l’aiuto dei nostri ascoltatori."

E-book generation: piccoli editori digitali crescono - theartsofhunger.wordpress.com
"Alcuni piccoli editori hanno già scelto la strada dell’e-book come principale forma di pubblicazione."

Facebook e i nostri figli, guida per l'uso - affaritaliani.libero.it
"Nel nuovo libro di Paolo Padrini, ecco come comportarsi per tenere lontani i ragazzi dai rischi del social network"

Cara tecnologia, semplificami la vita… - tiragraffi.it
"Ciò che le e persone vogliono di più dai loro smartphone, tablet, home theater ed elettronica di consumo è la semplicità:"

giovedì 17 maggio 2012

Rassegna stampa e web

Comunicazione e tecnologie, l’impatto sulla didattica - educationduepuntozero.it
"La capacità di individuare e adattarsi ai cambiamenti di schema è una abilità indispensabile nell’apprendimento"

Ripartire da giovani e digitale - il Sole 24 Ore
Intervista a Massimo Costa, Country manager Wpp Italia

I tablet Acer arrivano sui banchi di scuola - datamanager.it
"La partnership ACER-EUN ha finalizzato un nuovo progetto per l’inserimento dei tablet nel contesto educativo"

La scuola e la rivoluzione digitale - partitodemocratico.it
Unitag. Webforum all'Unità: le nuove tecnologie cambiano l'insegnamento (ma non in Italia). Con Francesca Puglisi, Carlo Massarini, Roberto Genovesi. Conducono Luca Landò e Carlo Infante


Diesse: didattica, innovazione scolastica, formazione e aggiornamento

Intervista a Fabrizio Foschi, presidente nazionale Diesse (Didattica e innovazione scolastica) e relatore alla Conferenza Nativi Digitali. Scuola, tecnologie e aggiornamento del corpo docenti.


Cos'è Diesse? 
Diesse (Didattica e Innovazione Scolastica) è un’associazione di insegnanti costituita a Milano nel 1987, che si è rapidamente diffusa sul territorio nazionale. Attualmente conta circa 40 sedi locali, provinciali e regionali collegate alle sede centrale. 

Nata per rispondere a un’esigenza specifica (l’aggiornamento degli insegnanti), Diesse ha progressivamente maturato una consapevolezza che la porta oggi ad abbracciare l’insieme della condizione dei docenti negli aspetti didattici, educativi, culturali e politici. Lo strumento associativo, scelto dai promotori e ribadito nel tempo, esprime insieme le caratteristiche sostanziali di Diesse (la cultura professionale si realizza in un paragone continuo con esempi in atto) e quelle pubbliche, civili. 
Il contributo offerto dall’associazione alla scuola italiana in un’epoca di riforme degli ordinamenti e di ripensamento dei compiti dell’insegnante, è l’esistenza stessa di una soggettività che allarga gli spazi dell’educazione, fornisce giudizi e strumenti ed è riconosciuta come tramite della formazione dell’adulto che opera nella scuola. Questa è anche la ragione per cui Diesse è accreditata dal Ministero della Pubblica Istruzione come ente qualificato per la formazione. 

Qual è la sua mission? 
Diesse valorizza e promuove la professionalità e la dignità culturale degli insegnanti delle scuole di ogni ordine e grado. Il sostegno dei tentativi di tanti insegnanti che nella scuola assumono una responsabilità educativa nei confronti degli alunni, dei colleghi, dell’ambiente nel quale svolgono la loro attività didattica si realizza in vari modi: 

· Diesse propone a livello sia nazionale, che territoriale (dove è presente con le sue sedi), attività di aggiornamento e/o corsi di formazione su temi disciplinari e/o metodologici mediante una programmazione annuale che si può consultare sul sito dell’associazione (www.diesse.org); 

· offre per mezzo del sito aggiornato quotidianamente un’ampia gamma di pubblicazioni in formato on line, tra le quali: Didattica OnLine e Linea Tempo OnLine; 

· interviene con valutazioni e indicazioni sui temi caldi della scuola (riforme, contenuti e metodi dell’insegnamento, rilevazioni internazionali) mediante la newsletter settimanale (Libed.News) che si riceve gratuitamente; 

· documenta i temi della professionalità docente tramite la rivista trimestrale in formato cartaceo Libertà di Educazione che si riceve in abbonamento. Tra le principali iniziative di livello nazionale si possono ricordare: 

· L’annuale “Convention Scuola” nella quale sono inserite la Piazza della Didattica e le Botteghe dell’Insegnare (la prossima Convention si svolgerà a Bologna, nei giorni 13-14 ottobre e avrà come titolo: Protagonisti nella scuola. Per la crescita della società) 

· I Colloqui Fiorentini; ScienzAFirenze; le Vie d’Europa (www.diessefirenze.org ); 

· Il servizio di consulenza online per docenti “L’esperto risponde” 

Qual è il problema più grande che ostacola il funzionamento del processo di aggiornamento del corpo docenti? 
L’ostacolo più grande è costituito dal fatto che l’aggiornamento non è inserito in un piano di sviluppo della carriera docente. Eppure ci sono insegnanti, in giro per l’Italia, che rischiano quotidianamente la propria libertà e la propria professionalità nel confronto con la libertà dei ragazzi, mettono in piedi corsi di formazione per sé e per i colleghi, instaurano rapporti con le istituzioni spesso addormentate, creano centri di recupero scolastico e di aiuto allo studio. 

È su queste innovazioni già in atto nel tessuto più profondo della realtà scolastica che occorre porre le basi per un rilancio della professione docente. La ripresa della funzione docente non può avvenire solo attraverso meccanismi che si prefiggono di premiare il merito lasciando in ombra la persona del docente e il senso più profondo della sua professione. 

Le analisi più acute e le terapie più aggiornate finiscono per essere totalmente inefficaci se non si riparte dalla domanda sulla natura più profonda dell’insegnamento. La scuola nasce infatti per trasmettere una tradizione, una cultura, e ovviamente per consentire a chi apprende di vivere in un ambiente adatto a tale scopo. In questo senso il fulcro della trasmissione è la persona dell’insegnante che per la particolarissima modalità con cui l’essere umano apprende è al contempo insegnante ed educatore. 

La fuoriuscita dalla logica statalistica per cui il compito del docente consiste nell'assolvimento di un “ruolo” prestabilito e più o meno standardizzato (e non in una responsabilità che si gioca ogni giorno in modo nuovo) comporterebbe uno stato giuridico nuovo che ridefinisca funzione, reclutamento, formazione iniziale e carriera dell’insegnante italiano. 

A proposito di quest’ultimo punto (carriera del docente) si dovrà riconoscere l’inadeguatezza dell’unicità della funzione docente e prevedere una articolazione della professione, in relazione ai compiti che si assolvono nella scuola, soggetta a progressione economica, nonché a valutazione dell’impegno professionale che giustifica lo sviluppo della carriera. 

C'è chi dice che l'introduzione delle nuove tecnologie nella didattica si presti ad essere un ulteriore ostacolo all'aggiornamento degli insegnanti, disperdendo i fondi su una "non-priorità". Cosa ne pensa? 

Dobbiamo sempre ricordare che la rivoluzione informatica non rappresenta una delle tante mode didattiche ma propone un cambiamento nel paradigma conoscitivo che accompagna l’apprendimento di ciascun uomo. Proprio per questo essa può dare esiti positivi solo se affrontata tanto dal discente che dal docente. 

La scuola digitale, trasformata in una web community, può infatti correre il rischio di delegare alla novità informatica quello che è compito dell’educazione: comunicare l’ideale incontrato tramite la vita della persona. L’utilità di un mezzo dipende dalla capacità del manovratore di guidare lo strumento: in questo caso oltre che tecnicamente anche culturalmente. 

Così se nella scuola si abbandona l’uniformità del libro per l’infinita potenzialità dell’informatica, non si dovrà dimenticare che l’universo delle informazioni per avere senso ha bisogno di qualcuno che lo legga insieme ad altri. Detto questo, bisogna riconoscere che le nuove tecnologie manifestano, di riflesso, una mancanza di soggettività degli insegnanti, cioè di capacità critica: si spaventano degli strumenti virtuali semplicemente perché non vogliono incontrare e cambiare, perché incontrare vuol dir cambiare. 

Hai insegnato per 30 anni in un modo? Bene, ricominci! Non è colpa degli studenti, ma del tuo modo di non adeguarti ai metodi moderni. Se non hai soggettività, non sei capace di dominarli.

mercoledì 16 maggio 2012

UNITAG - La scuola e la rivoluzione digitale

Webforum all'Unità: le nuove tecnologie cambiano l'insegnamento (ma non in Italia)


Condotto dal direttore di Unita.it Luca LandòCarlo Infante con Francesca Puglisi, Carlo Massarini e Roberto Genovesi

- Prima Parte -

- Seconda Parte -

Fonte: l'Unità

EduTouch: editoria, formazione e tecnologie per la didattica digitale

Edutouch è un società che nasce nel marzo 2012 dall’esperienza di due professionisti della formazione: un docente esperto nell'uso di tecnologie e software per la didattica e una redattrice con esperienza nel settore dell’editoria digitale scolastica.



Cosa fa Edutouch? Edutouch è una casa editrice che propone contenuti di didattica digitale, rivolti a formatori e docenti di ogni ordine e grado. Particolare attenzione è rivolta alle tecnologie e agli strumenti utili per la riduzione delle difficoltà di apprendimento.

Edutouch è anche però, una società di formazione che progetta per scuole, enti ed istituti, percorsi e attività che riguardano le tecnologie per l’apprendimento. Gli ambiti di formazione di Edutouch sono: l'utilizzo didattico della LIM, gli strumenti tecnologici e i software utili per DSA, i contenuti digitali per la scuola e quindi learning object, ebook, app.

La prima collana edita da Edutouch si chiama "Tecnologia-Didattica" e si compone di testi che hanno uno stile pratico e un’impostazione tipica di una guida, facile da consultare. I titoli presenti nel Catalogo (oggi) sono: “Usare più LIM conoscendone una sola”, “LIM Smart: guida didattica”, “Guida pratica all’ebook”, “DSA per tutti”. I contenuti sono disponibili sia in formato cartaceo, sia in formato digitale.

Il costo del digitale è ridotto rispetto al cartaceo (la metà circa) e non c’è DRM, ma protezione Social. Per settembre, saranno disponibili nel catalogo altri titoli: un libro che tratta di software e risorse digitali utili per studenti con discalculia, un testo che analizza le apps di Google utili in ambito didattico, un libro composto di lezioni di matematica per la LIM e un testo di apprendimento della lingua inglese sempre attraverso la lavagna interattiva.

Noi di Edutouch siamo convinti che il “problema della didattica ai tempi della rete” (se esiste) non è solo legato alla diffusione poco eterogenea di tecnologia e internet, ma è piuttosto dovuto alla scarsa attenzione riservata alla formazione dei docenti e dunque alla loro comprensibile difficoltà di utilizzare gli strumenti tecnologici, che determinano un cambiamento sostanziale nel processo di insegnamento-apprendimento.

La tecnologia e la rete, se ben usate, rappresentano per la scuola una grande opportunità e permettono al docente di migliorare la propria attività in classe, di renderla efficace, valida, vicina ai linguaggi e alle modalità di apprendimento dei ragazzi.

di Paola Ricci (Consulente di Redazione Edutouch)

martedì 15 maggio 2012

Scuola e tecnologie: cosa ne pensa un'insegnante 2.0?

Intervista ad Anna Rita Vizzari, professoressa di Lettere presso l'Istituto di Istruzione Secondaria di 1° Grado "A. Gramsci" di Sestu (Cagliari), coordinatrice e docente di una fortunata Cl@sse 2.0. 


In cosa consiste il progetto cl@ssi 2.0? 

Il Ministero ha stanziato, per qualche centinaio di classi campione dei tre ordini di scuola (individuate mediante concorso su base regionale), dei fondi che andavano utilizzati per l’acquisto di materiali che consentissero la sperimentazione di una didattica con un impiego significativo delle tecnologie. Le aree tematiche sulle quali si poteva sperimentare un percorso erano la naturalizzazione delle tecnologie, il cambiamento dell’ambiente di apprendimento, la promozione dello spirito di collaborazione e condivisione etc.

Un progetto interessante che però ha presentato diversi elementi problematici, dall’eterogeneità tecnologica (a livello di formazione, di competenze e di tempo dedicato) del consiglio di classe alla sostituzione in itinere di molti insegnanti per trasferimenti e pensionamenti, ai problemi tecnici, agli ostacoli burocratici per gli acquisti.

Un’altra cosa va detta, a  scanso di equivoci: non era prevista alcuna gratificazione economica dei docenti coinvolti, i quali hanno svolto nei tre anni un notevole lavoro aggiuntivo (in termini di aggiornamento, di preparazione dei materiali e di documentazione) per mera passione. Spero che in eventuali iniziative analoghe future si tenga conto di questo fattore, perché l’impegno  extra dell’insegnante per progetti enormi come questo - in cui si doveva produrre e documentare - non può essere considerato alla stregua di un hobby.Per dare un’idea del percorso svolto segnalo la slideshow realizzata per la documentazione finale.

Come è cambiato il suo modo di insegnare e il modo di apprendere dei ragazzi con l'introduzione delle nuove tecnologie in classe?

Insegno da 13 anni e generalmente ho avuto la grande fortuna di avere a disposizione le tecnologie del momento, se parliamo di hardware: dall’aula informatica al computer con video-proiettore in classe alla LIM ai netbook per alunno, quindi non ho avvertito sostanziali cambiamenti; è stata piuttosto un’evoluzione graduale.

Naturalmente man mano - senza scossoni -  sono cambiata a livello di metodologia didattica, allontanandomi sempre più da una didattica basata sul testo e avvicinandomi sempre più a una didattica a tutto tondo che affronti gli argomenti e le tematiche da diverse angolature, che tenga conto delle intelligenze multiple e che quindi valorizzi quanto più possibile le differenti abilità e capacità dei singoli alunni.

Con l’avvento del web 2.0 (avere la connessione è fondamentale) sono nati degli strumenti - a livello di software gratuitamente scaricabili ma anche e soprattutto a livello di webware - che davvero forniscono un apporto significativo e che consentono un approccio “multidimensionale”. 
Inoltre, ho praticamente smesso di fare lezione frontale: dopo una brevissima introduzione, invito gli alunni a fare ricerca e a realizzare loro i contenuti, a partire dalle mappe (mentali  e concettuali) che si sono rivelate davvero utili per il metodo di studio.

Vedo che i ragazzi hanno acquisito delle competenze che spendono in altri campi dell’esistenza (e questo me lo raccontano i genitori). Per esempio, se come compito realizzano degli artefatti sinestetici relativi a un componimento del Carducci (realizzare un video appropriato significa aver compreso il senso del testo), in famiglia poi spendono le competenze acquisite per realizzare dei video ad hoc per nascite, matrimoni e viaggi.

Qualcuno pensa che con questo tipo di didattica si usi l’informatica fine a se stessa, senza affrontare i contenuti. E questo non è vero: i contenuti classici vengono affrontati… semplicemente, da un’ottica diversa. La differenza la fanno l’approccio, il metodo e il “prodotto finale” - gli alunni amano produrre - che non è sempre il classico tema o il cartellone.

È stato interessante vedere come i ragazzi spontaneamente hanno attuato il peer tutoring: ciascuno di loro ha acquisito delle capacità e delle competenze - anche tecniche e comunicative - che poi ha messo a disposizione dei compagni e degli insegnanti. 

Uno dei problemi principali per un insegnante è quello di mantenere vivo l'interesse e l'attenzione della classe. Strumenti interattivi come la LIM aiutano in questo?

Credo che gli strumenti senza una metodologia innovativa non servano: se si attua una didattica frontale, non c’è LIM che tenga, anzi, la LIM stessa  rischia di agevolare una didattica frontale. Ho visto in qualche classe l’insegnante  aveva trascritto su decine di “lavagnate” del programma LIM alcune regole grammaticali e il relativo esempio.

E viceversa ho visto mappe mentali, schemi e tabelle fatte sulla lavagna d’ardesia. Quale dei due metodi è più efficace per gli alunni, soprattutto se pensiamo ai DSA? Se si attua una didattica non frontale, la si può mettere in pratica anche senza tecnologie.

In effetti, se penso al mio armadietto del periodo precedente l’avvento di LIM e del web 2.0, ricordo che avevo diversi strumenti di svariata natura (plastici, riproduzioni di reperti, cartine di diverso genere). Adesso li ho semplicemente smaterializzati;  ricorro sì alla LIM ma soprattutto ai webware, servizi on-line che permettono a me e ai ragazzi di realizzare contenuti didattici. Le tecnologie consentono di attuare una didattica più variegata, ma sta all’insegnante ingegnarsi per farlo: non può svolgere alla LIM ciò che svolgeva prima sulla lavagna d’ardesia, è risaputo. 

Da insegnante, cosa proporrebbe al Governo, attuale e futuro, per migliorare la scuola italiana? Quali sono le priorità? Quali, secondo lei, gli ostacoli più grandi al suo funzionamento ottimale?

Una domanda difficile a cui rischio di non rispondere in modo completo e pertinente adesso, a mente calda e nel periodo più frenetico dell’anno scolastico. 
Una delle priorità è certamente la sicurezza: ci sono scuole fatiscenti che hanno infrastrutture da brivido. Inoltre le classi sono sempre più numerose, stipate in aule non so fino a che punto adatte e affidate a sempre meno insegnanti; sempre meno ore di Sostegno vengono assegnate alle classi degli alunni con difficoltà. Tutti effetti dei famosi tagli: perché si taglia sempre sulla Scuola e sulla Sanità? Sono ritenuti dei rami così secchi?

Si auspica sempre più - giustamente - una didattica individualizzata ma allo stesso tempo il monte ore e le risorse (anche in termini di personale) sono sempre più ridotti al lumicino. Da insegnante di Lettere, posso dire che il passaggio dalle 11 alle 9 ore settimanali in classe è stato traumatico, perché quelle 2 ore in più permettevano recuperi, rinforzi e approfondimenti difficili da attuare regolarmente con questo orario così scarno per le diverse materie (Grammatica, Antologia, Epica o Letteratura, Storia e Geografia). Con la saturazione dell’orario degli insegnanti di Lettere, alcuni dei quali prima svolgevano 15 ore in classe e 3 a disposizione, non ci sono insegnanti che possano effettuare le sostituzioni degli assenti.

Ora, con gli accorpamenti delle scuole la situazione è pure peggiorata: scuole un tempo autonome ora non hanno più un dirigente né un direttore amministrativo proprio, sono come corpi abbandonati senza testa. Perché gli insegnanti, neppure i delegati di plesso, possono abbandonare la classe per andare a risolvere in tempo reale (e magari utile) quei problemi che in genere risolve il Dirigente con la sua assidua presenza. 
Passiamo poi alla valutazione degli insegnanti. Sono stanca di sentirne parlare da chi non sta in classe, perché esistono tante sfumature che non si possono far trapelare - per motivi di privacy, per esempio - e che non si possono valutare oggettivamente. Prendiamo le controverse prove Invalsi: sono davvero l’unico strumento con cui si devono e possono valutare i docenti? E poi, quali docenti? Soltanto gli insegnanti di Italiano e di Matematica?

Pensiamo anche al potere che potrebbe avere la commissione formazione classi, se si dovesse veramente retribuire il docente sulla base dei risultati dei test: uno dei criteri per la formazione delle classi è quello della valutazione conseguita dagli alunni nel precedente ordine di scuola. Da un lato si parla di  approccio multidimensionale che favorisca anche chi ha altre competenze e dall’altro i progressi degli alunni (e di conseguenza la “bravura” dei docenti) vengono misurati con le prove Invalsi che sicuramente non fanno leva sulle intelligenze multiple  bensì soltanto su quella linguistica e quella logico-matematica.

Suggerisco, per avere una visione complessiva delle problematiche che non ho affrontato, di dare un’occhiata ai tanti gruppi di insegnanti che esistono su Facebook, in cui docenti motivati di tutta Italia (e non solo, talvolta) condividono disinteressatamente le proprie risorse, si confrontano in merito alla didattica, alle questioni spinose nonché ai tanti problemi della scuola attuale. Insegnanti che si dedicano a questo lavoro in modo totalizzante e di cui è giusto sentire le voci.