mercoledì 9 maggio 2012

Il profumo dei limoni si può inviare per email?

In esclusiva per il blog un'intervista a Jonah Lynch, vicerettore del seminario della Fraternità di San Carlo Borromeo e relatore alla Conferenza #NativiDigitali. 

di Emanuela Clementi

Jonah Lynch è nato nel 1978
in Canada in una comune hippies.
Si è laureato in Fisica
alla McGill University a Montréal;
ha studiato filosofia e teologia
all’Università Lateranense
e ha ottenuto un Master in Education
alla George Washington University
Il suo ultimo libro, “Il profumo dei limoni. Tecnologia e rapporti umani nell’era di Facebook”, invita a riflettere sui cambiamenti prodotti nella persona dalle nuove tecnologie. Ci può spiegare cosa c'entrano i limoni con le tecnologie?
D'inverno, quando passeggio davanti alla mia camera, mi piace annusare il profumo dei limoni che si trovano su un albero nel giardino. Quando stavo scrivendo questo libro, una volta ero lì fuori a sentire il profumo e mi è venuta voglia di condividerlo con mia madre. In quel momento mi è venuta l'ispirazione per il titolo: ecco una cosa bellissima che però non può passare tramite e-mail. Mi è sembrata un'esperienza sintetica per indicare alcuni dei limiti della tecnologia.

La tecnologia ha invaso la nostra vita, rimodellando il nostro modo di leggere, scrivere, apprendere e comunicare. I vantaggi sembrano evidenti, lei crede tuttavia che ci siano anche pericoli reali e concreti dietro alla rivoluzione digitale?
Non sono poche le persone che avvertono un oscuro disagio con il nostro mondo tecnologico. C'è chi, come Nicholas Carr, fa leva sugli ultimi studi di neuroscienza per far vedere che la tecnologia, lungi dall'essere neutrale, influisce profondamente sulle strutture neuronali. Ci sono sociologi, come Robert Putnam e Sherry Turkle, che rilevano nella nostra società iperconnessa una immensa solitudine. Anche nella scuola non è ancora chiaro il giudizio complessivo circa l'aiuto che le tecnologie digitale possono dare all'apprendimento. Un esempio su tutti è l'attenzione. Gli strumenti multimediali certamente possono essere più accattivanti delle lavagne di ardesia, ma forse finiscono proprio per questo a indebolire l'attenzione dello studente e, di conseguenza, anche la sua capacità di fare esperienza. 

 Nel testo ci invita a riflettere sulla mutazione dei rapporti interpersonali, influenzati dal modo di comunicare e di incontrarsi proposto dai social network, e all'inizio del libro spiega che tre dei cinque sensi non possono essere trasmessi attraverso la tecnologia. Verrebbe da aggiungere “per ora..."
Ma certo, è un po' una boutade... So bene che ci sono stati e che ci saranno ancora tentativi di creare "stampanti di profumi". L'anno scorso girava su YouTube un simpatico video che illustrava un fantomatico macchinario che permetteva di baciare attraverso una connessione internet...
La mia insistenza sui sensi è più che altro un invito a riflettere sulla ricchezza dell'esperienza "in tempo reale". Samuel Beckett, in Molloy, parla della "spray of phenomena", il getto dei fenomeni che continuamente mi raggiungono attraverso tutti i sensi.
Quella eccedenza è innegabile: pensa alla differenza fra una tela di Burri e una foto di un quadro di Burri, o fra un film 3D e uno spettacolo teatrale. C'è una differenza importante fra la realtà fisica e ogni suo surrogato. La cosa è ancora più importante quando si tratta di rapporti umani. Pensa alla differenza tra un bacio telematico e uno in persona, oppure a una stretta di mano o a una risata insieme, piuttosto che ahahahah scritto nella chat....

Nel  passaggio epocale che stiamo attraversando in ambito tecnologico, come ritiene possibile che coloro che hanno il compito di educare i 'nativi digitali' riescano  a introdurli nella realtà vera, non quella virtuale? Crede che sia necessario un po’ di digiuno tecnologico per raggiungere tale scopo?
Innanzitutto cambierei i termini della domanda. Anche Internet è realtà. Credo che il compito dell'educatore sia di introdurre alla totalità della realtà, senza sbilanciarsi troppo da una parte o da un altra. Per questo nel mio libro parlo di un digiuno tecnologico. Non è la proposta dell'astinenza, di non avere a che fare. Si tratta invece di avere un rapporto ragionevole con ogni aspetto della realtà. Ad esempio, mi sembra liberante spegnere il cellulare, quando parlo con gli amici più cari. In quel momento, non c'è nulla di più importante della persona che ho davanti. Altre volte è liberante poter essere raggiunto, e non dover stare sempre nel mio ufficio. Uno degli scopi dell'educazione è di imparare la libertà di usare gli strumenti in base a un'ideale.

Jonah Lynch
Il profumo dei limoni - Tecnologia e rapporti umani nell'era di Facebook
Lindau (2011)