martedì 15 maggio 2012

Scuola e tecnologie: cosa ne pensa un'insegnante 2.0?

Intervista ad Anna Rita Vizzari, professoressa di Lettere presso l'Istituto di Istruzione Secondaria di 1° Grado "A. Gramsci" di Sestu (Cagliari), coordinatrice e docente di una fortunata Cl@sse 2.0. 


In cosa consiste il progetto cl@ssi 2.0? 

Il Ministero ha stanziato, per qualche centinaio di classi campione dei tre ordini di scuola (individuate mediante concorso su base regionale), dei fondi che andavano utilizzati per l’acquisto di materiali che consentissero la sperimentazione di una didattica con un impiego significativo delle tecnologie. Le aree tematiche sulle quali si poteva sperimentare un percorso erano la naturalizzazione delle tecnologie, il cambiamento dell’ambiente di apprendimento, la promozione dello spirito di collaborazione e condivisione etc.

Un progetto interessante che però ha presentato diversi elementi problematici, dall’eterogeneità tecnologica (a livello di formazione, di competenze e di tempo dedicato) del consiglio di classe alla sostituzione in itinere di molti insegnanti per trasferimenti e pensionamenti, ai problemi tecnici, agli ostacoli burocratici per gli acquisti.

Un’altra cosa va detta, a  scanso di equivoci: non era prevista alcuna gratificazione economica dei docenti coinvolti, i quali hanno svolto nei tre anni un notevole lavoro aggiuntivo (in termini di aggiornamento, di preparazione dei materiali e di documentazione) per mera passione. Spero che in eventuali iniziative analoghe future si tenga conto di questo fattore, perché l’impegno  extra dell’insegnante per progetti enormi come questo - in cui si doveva produrre e documentare - non può essere considerato alla stregua di un hobby.Per dare un’idea del percorso svolto segnalo la slideshow realizzata per la documentazione finale.

Come è cambiato il suo modo di insegnare e il modo di apprendere dei ragazzi con l'introduzione delle nuove tecnologie in classe?

Insegno da 13 anni e generalmente ho avuto la grande fortuna di avere a disposizione le tecnologie del momento, se parliamo di hardware: dall’aula informatica al computer con video-proiettore in classe alla LIM ai netbook per alunno, quindi non ho avvertito sostanziali cambiamenti; è stata piuttosto un’evoluzione graduale.

Naturalmente man mano - senza scossoni -  sono cambiata a livello di metodologia didattica, allontanandomi sempre più da una didattica basata sul testo e avvicinandomi sempre più a una didattica a tutto tondo che affronti gli argomenti e le tematiche da diverse angolature, che tenga conto delle intelligenze multiple e che quindi valorizzi quanto più possibile le differenti abilità e capacità dei singoli alunni.

Con l’avvento del web 2.0 (avere la connessione è fondamentale) sono nati degli strumenti - a livello di software gratuitamente scaricabili ma anche e soprattutto a livello di webware - che davvero forniscono un apporto significativo e che consentono un approccio “multidimensionale”. 
Inoltre, ho praticamente smesso di fare lezione frontale: dopo una brevissima introduzione, invito gli alunni a fare ricerca e a realizzare loro i contenuti, a partire dalle mappe (mentali  e concettuali) che si sono rivelate davvero utili per il metodo di studio.

Vedo che i ragazzi hanno acquisito delle competenze che spendono in altri campi dell’esistenza (e questo me lo raccontano i genitori). Per esempio, se come compito realizzano degli artefatti sinestetici relativi a un componimento del Carducci (realizzare un video appropriato significa aver compreso il senso del testo), in famiglia poi spendono le competenze acquisite per realizzare dei video ad hoc per nascite, matrimoni e viaggi.

Qualcuno pensa che con questo tipo di didattica si usi l’informatica fine a se stessa, senza affrontare i contenuti. E questo non è vero: i contenuti classici vengono affrontati… semplicemente, da un’ottica diversa. La differenza la fanno l’approccio, il metodo e il “prodotto finale” - gli alunni amano produrre - che non è sempre il classico tema o il cartellone.

È stato interessante vedere come i ragazzi spontaneamente hanno attuato il peer tutoring: ciascuno di loro ha acquisito delle capacità e delle competenze - anche tecniche e comunicative - che poi ha messo a disposizione dei compagni e degli insegnanti. 

Uno dei problemi principali per un insegnante è quello di mantenere vivo l'interesse e l'attenzione della classe. Strumenti interattivi come la LIM aiutano in questo?

Credo che gli strumenti senza una metodologia innovativa non servano: se si attua una didattica frontale, non c’è LIM che tenga, anzi, la LIM stessa  rischia di agevolare una didattica frontale. Ho visto in qualche classe l’insegnante  aveva trascritto su decine di “lavagnate” del programma LIM alcune regole grammaticali e il relativo esempio.

E viceversa ho visto mappe mentali, schemi e tabelle fatte sulla lavagna d’ardesia. Quale dei due metodi è più efficace per gli alunni, soprattutto se pensiamo ai DSA? Se si attua una didattica non frontale, la si può mettere in pratica anche senza tecnologie.

In effetti, se penso al mio armadietto del periodo precedente l’avvento di LIM e del web 2.0, ricordo che avevo diversi strumenti di svariata natura (plastici, riproduzioni di reperti, cartine di diverso genere). Adesso li ho semplicemente smaterializzati;  ricorro sì alla LIM ma soprattutto ai webware, servizi on-line che permettono a me e ai ragazzi di realizzare contenuti didattici. Le tecnologie consentono di attuare una didattica più variegata, ma sta all’insegnante ingegnarsi per farlo: non può svolgere alla LIM ciò che svolgeva prima sulla lavagna d’ardesia, è risaputo. 

Da insegnante, cosa proporrebbe al Governo, attuale e futuro, per migliorare la scuola italiana? Quali sono le priorità? Quali, secondo lei, gli ostacoli più grandi al suo funzionamento ottimale?

Una domanda difficile a cui rischio di non rispondere in modo completo e pertinente adesso, a mente calda e nel periodo più frenetico dell’anno scolastico. 
Una delle priorità è certamente la sicurezza: ci sono scuole fatiscenti che hanno infrastrutture da brivido. Inoltre le classi sono sempre più numerose, stipate in aule non so fino a che punto adatte e affidate a sempre meno insegnanti; sempre meno ore di Sostegno vengono assegnate alle classi degli alunni con difficoltà. Tutti effetti dei famosi tagli: perché si taglia sempre sulla Scuola e sulla Sanità? Sono ritenuti dei rami così secchi?

Si auspica sempre più - giustamente - una didattica individualizzata ma allo stesso tempo il monte ore e le risorse (anche in termini di personale) sono sempre più ridotti al lumicino. Da insegnante di Lettere, posso dire che il passaggio dalle 11 alle 9 ore settimanali in classe è stato traumatico, perché quelle 2 ore in più permettevano recuperi, rinforzi e approfondimenti difficili da attuare regolarmente con questo orario così scarno per le diverse materie (Grammatica, Antologia, Epica o Letteratura, Storia e Geografia). Con la saturazione dell’orario degli insegnanti di Lettere, alcuni dei quali prima svolgevano 15 ore in classe e 3 a disposizione, non ci sono insegnanti che possano effettuare le sostituzioni degli assenti.

Ora, con gli accorpamenti delle scuole la situazione è pure peggiorata: scuole un tempo autonome ora non hanno più un dirigente né un direttore amministrativo proprio, sono come corpi abbandonati senza testa. Perché gli insegnanti, neppure i delegati di plesso, possono abbandonare la classe per andare a risolvere in tempo reale (e magari utile) quei problemi che in genere risolve il Dirigente con la sua assidua presenza. 
Passiamo poi alla valutazione degli insegnanti. Sono stanca di sentirne parlare da chi non sta in classe, perché esistono tante sfumature che non si possono far trapelare - per motivi di privacy, per esempio - e che non si possono valutare oggettivamente. Prendiamo le controverse prove Invalsi: sono davvero l’unico strumento con cui si devono e possono valutare i docenti? E poi, quali docenti? Soltanto gli insegnanti di Italiano e di Matematica?

Pensiamo anche al potere che potrebbe avere la commissione formazione classi, se si dovesse veramente retribuire il docente sulla base dei risultati dei test: uno dei criteri per la formazione delle classi è quello della valutazione conseguita dagli alunni nel precedente ordine di scuola. Da un lato si parla di  approccio multidimensionale che favorisca anche chi ha altre competenze e dall’altro i progressi degli alunni (e di conseguenza la “bravura” dei docenti) vengono misurati con le prove Invalsi che sicuramente non fanno leva sulle intelligenze multiple  bensì soltanto su quella linguistica e quella logico-matematica.

Suggerisco, per avere una visione complessiva delle problematiche che non ho affrontato, di dare un’occhiata ai tanti gruppi di insegnanti che esistono su Facebook, in cui docenti motivati di tutta Italia (e non solo, talvolta) condividono disinteressatamente le proprie risorse, si confrontano in merito alla didattica, alle questioni spinose nonché ai tanti problemi della scuola attuale. Insegnanti che si dedicano a questo lavoro in modo totalizzante e di cui è giusto sentire le voci.

Nessun commento:

Posta un commento